Post by Ray Sant on Feb 2, 2008 7:03:16 GMT 1
SIENA 3 ROMA 0
[ftp]http://www.youtube.com/watch?v=6Ga1e2GdeCU[/ftp]
La Roma inizia malissimo questa partita contro un Siena scoppiettante e ben messo in campo. La squadra di Spalletti sembra svogliata ed é avulsa dal gioco tanto da far sembrare gli avversari molto più forti. Spalletti manda in campo la formazione base, col solo Cassetti al posto di Panucci. De Rossi, Tonetto e Mexes, sembrano non giocare, e il Siena, approfittando di questa situazione, fa buon pressing sulla coppia di centrocampisti centrali De Rossi-Pizarro, impedendo la costruzione del gioco giallorosso.
Dopo 12 minuti di dominio, il Siena si porta in vantaggio con Vergassola: progressione di Kharja che supera Tonetto, cross in area per Maccarone, il quale prolunga per Vergassola che con un potente sinistro insacca alle spalle di Doni. La Roma non riesce a svegliarsi, tanto da far ricordare le classiche prestazioni sottotono di qualche anno fa. Il Siena corre, pressa, aggredisce e sfiora il raddoppio con Jarolim che con un tiro dal limite colpisce la traversa.
La prima occasione da goal la Roma la costruisce al 27’: passaggio di Totti per Perrotta che riesce a coordinarsi ma calcia troppo su Manninger. Al 43′, però, arriva il raddoppio del Siena: De Ceglie si invola sulla fascia sinistra, crossa in area, colpisce Mexes e Tonetto nel tentativo di liberare devia in rete. Finisce così la prima frazione di gioco, in cui una Roma statica si è proposta poco ed è stata succube di un Siena coraggioso e meritevole del vantaggio.
Nella ripresa Spalletti sostituisce Taddei e Perrotta per Vucinic e Giuly ma la musica è più o meno la stessa. L’occasione più ghiotta è per Giuly che ci prova con una semirovesciata dal limite, ma Manninger è reattivo e devia mandando la palla oltre la traversa. La partita si innervosisce negli ultimi venti minuti: da una parte la rabbia romanista per aver sottovalutato l’avversario e dall’altra il Siena nervoso che vuole far passare tempo per portare a casa un risultato così prestigioso. La partita diviene un incubo per la Roma, che all’83′ subisce anche la terza rete ad opera di Frick servito da un assist di Riganò. I giallorossi vedono così allontanarsi l’Inter, che ora porta il suo vantaggio ad 8 punti. Partita nata male e finita nel peggiore dei modi per la Roma che ha perso, per propria responsabilità, un’ottima occasione per restare nella scia della capolista.
(da http://www.goal.com)
IL TABELLINO
SIENA-ROMA (primo tempo 2-0)
MARCATORI: 12′ Vergassola, 43′ aut. Tonetto, 83′ Frick.
Le mie pagelle: Doni 6, Cassetti 5.5, Mexes 4.5, Ferrari 5, Tonetto 5, De Rossi 5 (dal 77’ Aquilani sv), Pizarro 5.5, Taddei 5 (dal 48’ Vucinic 5.5), Perrotta 5.5 (dal 62’ Giuly 6.5), Mancini 6, Totti 5. ARBITRO: Dondarini 5.5
AMMONITI: De Ceglie (S), Manninger (S), Totti (R), De Rossi (R)
Luciano Spalletti, nonostante il clamoroso tonfo della sua Roma sul campo del Siena, non si scompone e continua ad essere ottimista: “Anche l’Inter nelle ultime settimane sta giocando meno bene, ma riesce comunque a vincere per merito della determinazione che mette in campo in ogni gara. Dobbiamo fare lo stesso se vogliamo ridurre le distanze dai nerazzurri”.
Il mister giallorosso si sente responsabile del k.o. rimediato a Siena? “Quando la squadra perde, è normale che l’allenatore centri qualcosa, specialmente quando a giocare male sono tutti e non solo tre-quattro giocatori”.
LA SENTENZA DI SIENA. LETTERA DI DIMISSIONI DALLA CORSA SCUDETTO
MINO FUCCILLO
Qui finisce l'avventura.
Nella partita più brutta, anzi nell'unica partita veramente brutta della Roma in mezzo campionato abbondante.
Ma tanto brutta da bastare per almeno tre partite normalmente brutte.
Una molla si è rotta, è saltata, non ha lavorato nel corpo della squadra.
Anzi non una ma tredici molle, tante quante i giocatori entrati in campo meno uno, si sono scaricate improvvisamente, totalmente.
Molle e insieme ferme come colonne le gambe di Totti, lentamente e a vuoto giravano quelle di Perrotta, di pasta frolla quelle di Pizarro e perfino di De Rossi (avranno sbagliato più appoggi a Siena che in dieci partite precedenti), subito stanche e incerte le gambe di Cassetti e Tonetto, intente a marcar se stesse quelle di Ferrari e Mexes, neanche si sono messe in moto quelle di Vucinic e Aquilani, hanno tremato anche quelle di Doni e quelle di Taddei erano rapide come le pale di un ventilatore con la spina staccata e quelle di Mancini caparbiamente lo spingevano a tentare inutilmente di violare la legge fisica della impenetrabilità, non delle difese altrui, ma dei corpi altrui, contro i quali sempre quelle gambe mandavano a sbattere la palla.
L'UNICO che ha giocato, una mezza partita non di più, è stato Giuly.
Avvitata per terra era la squadra, soldatini di piombo i giocatori: dall'avventura scudetto la Roma non è stata espulsa, si è dimessa.
Lo dicono non tanto e non solo i numeri della classifica, anche se otto punti di distacco da recuperare non sono una passeggiata di salute. Lo dice molto di più il crollo verticale di Siena che denuncia come la squadra non ce la faccia, non ce l'abbia fatta, a reggere il peso, il ritmo, il passo dell'impresa della rincorsa.
Il tre a zero subito a Siena non è la somma di episodi sfortunati, la conseguenza di una partita mal condotta, lo scivolone in cui pure sbatti il muso e ti fai male ma sai che è stato un incidente, un ostacolo non visto mentre correvi.
No, questo tre a zero è una misura, una livella: è quando l'asticella del salto è posta così in alto che ci provi, ci provi ancora e non ce la fai.
Il saltatore ha un terzo tentativo a disposizione ma sa come ha fallito i precedenti e sa quindi che anche al terzo non ce la farà, ha raggiunto il suo limite.
Come e dove sia avvenuta la sconnessione, lo smontaggio delle molle, non è dato sapere.
Non puoi indicare un singolo come il luogo e nemmeno l'epicentro: mai come questa volta si è perso in undici, anzi in tredici e mezzo.
Sia a livello di gioco praticato che di gioco pensato, come usa dire sia di gambe che di testa la Roma, unanimemente, non c'era.
Scarica è apparsa anche la panchina: lenta e scontata la sequenza dei cambi, cambiarne tre subito dopo l'intervallo poteva esser meglio e forse in una partita come questa a quel punto valeva la pena rischiare Cicinho.
Ma anche queste sono chiacchiere minime e briciole di senno del poi.
Probabilmente niente avrebbe raddrizzato la partita perché un fuoco spento non si riattizza soffiandoci sopra.
Perché si è spento, caro direttore, non lo so.
E credo proprio che non lo sappiano neanche loro, a giudicare dagli sguardi, tra l'incredulo e il sorpreso, con cui guardavano se stessi non giocare, non competere.
Il perché gli sfuggiva, ma che il fuoco fosse proprio spento e non momentaneamente abbassato da una folata di vento avverso lo sapevano, eccome.
L'hanno saputo quando hanno provato, una, due, tre volte a reagire e in campo non gli riusciva nulla, letteralmente nulla.
E lo sapeva anche Spalletti nell'immediato dopo partita quando non ha potuto fare a meno di dire, con gentilezza e rispetto, dei giocatori e dei tifosi, la verità: «Un calo, una partita meritatamente persa ci possono stare, succede. Ma, se ci stanno e se succede, la grande impresa non la fai».
Quindi grazie alla squadra, all'allenatore e alla società per tutto quello che hanno fatto finora e che è tanto.
Grazie anche per quello che faranno ancora sicuramente e che è moltissimo: il secondo posto in campionato da difendere, la Coppa Italia da giocarsi in finale, la Champions dove si può avanzare.
Grazie veramente, per l'ottimo ieri e per il promettente domani.
Grazie di tutto, ma non dell'oggi.
Ci avete impedito di dolerci per l'ennesimo rigore regalato all'Inter (ci deve essere una regola che vale solo per loro: quando l'avversario tocca la palla di testa in area è rigore).
Ci avete tolto la rabbia per il rigore non realizzato dall'Empoli.
Ci avete privato (ma forse di questo dovremmo dirvi grazie davvero) del nostro turno di parola nell'infinito dibattito sugli arbitri.
Domenica sera record assoluto e difficilmente eguagliabile di surreale in tv: il Tg1 delle 20,00 annuncia nei titoli d'apertura "Spalletti protesta". Alle 20,30 il Tg1 finisce e non c'è traccia del servizio su Spalletti come non c'era stata traccia nella realtà della sua protesta.
Insomma una Babele imbarazzante in cui tacere è l'unica scelta non imbarazzante.
Niente grazie però per l'oggi, anzi per domenica pomeriggio a Siena, quando e dove vi siete dimessi dall'avventura scudetto.
Non era un obbligo conquistarlo, era però un legittimo sogno.
Restate una grande squadra anche senza quel triangolino di stoffa sulla maglia.
Continueremo a guardarvi con piacere e affetto vincere ancora in campionato e nelle Coppe. Nessun tifoso potrà onestamente sentirsi tradito. Vi vogliamo bene come prima e conoscere il vostro limite non ci allontana, anzi, se possibile, ancor più ci lega.
Però una cosa potreste dircela, provare a dircela, potremmo parlarne da amici, anzi da fratelli:
come mai scritta tutta in un sol giorno e tutti insieme, con la firma di tutti quella lettera di dimissioni e per di più volontarie?
Mino Fuccillo
editorialista gruppo L'Espresso
[ftp]http://www.youtube.com/watch?v=6Ga1e2GdeCU[/ftp]
La Roma inizia malissimo questa partita contro un Siena scoppiettante e ben messo in campo. La squadra di Spalletti sembra svogliata ed é avulsa dal gioco tanto da far sembrare gli avversari molto più forti. Spalletti manda in campo la formazione base, col solo Cassetti al posto di Panucci. De Rossi, Tonetto e Mexes, sembrano non giocare, e il Siena, approfittando di questa situazione, fa buon pressing sulla coppia di centrocampisti centrali De Rossi-Pizarro, impedendo la costruzione del gioco giallorosso.
Dopo 12 minuti di dominio, il Siena si porta in vantaggio con Vergassola: progressione di Kharja che supera Tonetto, cross in area per Maccarone, il quale prolunga per Vergassola che con un potente sinistro insacca alle spalle di Doni. La Roma non riesce a svegliarsi, tanto da far ricordare le classiche prestazioni sottotono di qualche anno fa. Il Siena corre, pressa, aggredisce e sfiora il raddoppio con Jarolim che con un tiro dal limite colpisce la traversa.
La prima occasione da goal la Roma la costruisce al 27’: passaggio di Totti per Perrotta che riesce a coordinarsi ma calcia troppo su Manninger. Al 43′, però, arriva il raddoppio del Siena: De Ceglie si invola sulla fascia sinistra, crossa in area, colpisce Mexes e Tonetto nel tentativo di liberare devia in rete. Finisce così la prima frazione di gioco, in cui una Roma statica si è proposta poco ed è stata succube di un Siena coraggioso e meritevole del vantaggio.
Nella ripresa Spalletti sostituisce Taddei e Perrotta per Vucinic e Giuly ma la musica è più o meno la stessa. L’occasione più ghiotta è per Giuly che ci prova con una semirovesciata dal limite, ma Manninger è reattivo e devia mandando la palla oltre la traversa. La partita si innervosisce negli ultimi venti minuti: da una parte la rabbia romanista per aver sottovalutato l’avversario e dall’altra il Siena nervoso che vuole far passare tempo per portare a casa un risultato così prestigioso. La partita diviene un incubo per la Roma, che all’83′ subisce anche la terza rete ad opera di Frick servito da un assist di Riganò. I giallorossi vedono così allontanarsi l’Inter, che ora porta il suo vantaggio ad 8 punti. Partita nata male e finita nel peggiore dei modi per la Roma che ha perso, per propria responsabilità, un’ottima occasione per restare nella scia della capolista.
(da http://www.goal.com)
IL TABELLINO
SIENA-ROMA (primo tempo 2-0)
MARCATORI: 12′ Vergassola, 43′ aut. Tonetto, 83′ Frick.
Le mie pagelle: Doni 6, Cassetti 5.5, Mexes 4.5, Ferrari 5, Tonetto 5, De Rossi 5 (dal 77’ Aquilani sv), Pizarro 5.5, Taddei 5 (dal 48’ Vucinic 5.5), Perrotta 5.5 (dal 62’ Giuly 6.5), Mancini 6, Totti 5. ARBITRO: Dondarini 5.5
AMMONITI: De Ceglie (S), Manninger (S), Totti (R), De Rossi (R)
Luciano Spalletti, nonostante il clamoroso tonfo della sua Roma sul campo del Siena, non si scompone e continua ad essere ottimista: “Anche l’Inter nelle ultime settimane sta giocando meno bene, ma riesce comunque a vincere per merito della determinazione che mette in campo in ogni gara. Dobbiamo fare lo stesso se vogliamo ridurre le distanze dai nerazzurri”.
Il mister giallorosso si sente responsabile del k.o. rimediato a Siena? “Quando la squadra perde, è normale che l’allenatore centri qualcosa, specialmente quando a giocare male sono tutti e non solo tre-quattro giocatori”.
LA SENTENZA DI SIENA. LETTERA DI DIMISSIONI DALLA CORSA SCUDETTO
MINO FUCCILLO
Qui finisce l'avventura.
Nella partita più brutta, anzi nell'unica partita veramente brutta della Roma in mezzo campionato abbondante.
Ma tanto brutta da bastare per almeno tre partite normalmente brutte.
Una molla si è rotta, è saltata, non ha lavorato nel corpo della squadra.
Anzi non una ma tredici molle, tante quante i giocatori entrati in campo meno uno, si sono scaricate improvvisamente, totalmente.
Molle e insieme ferme come colonne le gambe di Totti, lentamente e a vuoto giravano quelle di Perrotta, di pasta frolla quelle di Pizarro e perfino di De Rossi (avranno sbagliato più appoggi a Siena che in dieci partite precedenti), subito stanche e incerte le gambe di Cassetti e Tonetto, intente a marcar se stesse quelle di Ferrari e Mexes, neanche si sono messe in moto quelle di Vucinic e Aquilani, hanno tremato anche quelle di Doni e quelle di Taddei erano rapide come le pale di un ventilatore con la spina staccata e quelle di Mancini caparbiamente lo spingevano a tentare inutilmente di violare la legge fisica della impenetrabilità, non delle difese altrui, ma dei corpi altrui, contro i quali sempre quelle gambe mandavano a sbattere la palla.
L'UNICO che ha giocato, una mezza partita non di più, è stato Giuly.
Avvitata per terra era la squadra, soldatini di piombo i giocatori: dall'avventura scudetto la Roma non è stata espulsa, si è dimessa.
Lo dicono non tanto e non solo i numeri della classifica, anche se otto punti di distacco da recuperare non sono una passeggiata di salute. Lo dice molto di più il crollo verticale di Siena che denuncia come la squadra non ce la faccia, non ce l'abbia fatta, a reggere il peso, il ritmo, il passo dell'impresa della rincorsa.
Il tre a zero subito a Siena non è la somma di episodi sfortunati, la conseguenza di una partita mal condotta, lo scivolone in cui pure sbatti il muso e ti fai male ma sai che è stato un incidente, un ostacolo non visto mentre correvi.
No, questo tre a zero è una misura, una livella: è quando l'asticella del salto è posta così in alto che ci provi, ci provi ancora e non ce la fai.
Il saltatore ha un terzo tentativo a disposizione ma sa come ha fallito i precedenti e sa quindi che anche al terzo non ce la farà, ha raggiunto il suo limite.
Come e dove sia avvenuta la sconnessione, lo smontaggio delle molle, non è dato sapere.
Non puoi indicare un singolo come il luogo e nemmeno l'epicentro: mai come questa volta si è perso in undici, anzi in tredici e mezzo.
Sia a livello di gioco praticato che di gioco pensato, come usa dire sia di gambe che di testa la Roma, unanimemente, non c'era.
Scarica è apparsa anche la panchina: lenta e scontata la sequenza dei cambi, cambiarne tre subito dopo l'intervallo poteva esser meglio e forse in una partita come questa a quel punto valeva la pena rischiare Cicinho.
Ma anche queste sono chiacchiere minime e briciole di senno del poi.
Probabilmente niente avrebbe raddrizzato la partita perché un fuoco spento non si riattizza soffiandoci sopra.
Perché si è spento, caro direttore, non lo so.
E credo proprio che non lo sappiano neanche loro, a giudicare dagli sguardi, tra l'incredulo e il sorpreso, con cui guardavano se stessi non giocare, non competere.
Il perché gli sfuggiva, ma che il fuoco fosse proprio spento e non momentaneamente abbassato da una folata di vento avverso lo sapevano, eccome.
L'hanno saputo quando hanno provato, una, due, tre volte a reagire e in campo non gli riusciva nulla, letteralmente nulla.
E lo sapeva anche Spalletti nell'immediato dopo partita quando non ha potuto fare a meno di dire, con gentilezza e rispetto, dei giocatori e dei tifosi, la verità: «Un calo, una partita meritatamente persa ci possono stare, succede. Ma, se ci stanno e se succede, la grande impresa non la fai».
Quindi grazie alla squadra, all'allenatore e alla società per tutto quello che hanno fatto finora e che è tanto.
Grazie anche per quello che faranno ancora sicuramente e che è moltissimo: il secondo posto in campionato da difendere, la Coppa Italia da giocarsi in finale, la Champions dove si può avanzare.
Grazie veramente, per l'ottimo ieri e per il promettente domani.
Grazie di tutto, ma non dell'oggi.
Ci avete impedito di dolerci per l'ennesimo rigore regalato all'Inter (ci deve essere una regola che vale solo per loro: quando l'avversario tocca la palla di testa in area è rigore).
Ci avete tolto la rabbia per il rigore non realizzato dall'Empoli.
Ci avete privato (ma forse di questo dovremmo dirvi grazie davvero) del nostro turno di parola nell'infinito dibattito sugli arbitri.
Domenica sera record assoluto e difficilmente eguagliabile di surreale in tv: il Tg1 delle 20,00 annuncia nei titoli d'apertura "Spalletti protesta". Alle 20,30 il Tg1 finisce e non c'è traccia del servizio su Spalletti come non c'era stata traccia nella realtà della sua protesta.
Insomma una Babele imbarazzante in cui tacere è l'unica scelta non imbarazzante.
Niente grazie però per l'oggi, anzi per domenica pomeriggio a Siena, quando e dove vi siete dimessi dall'avventura scudetto.
Non era un obbligo conquistarlo, era però un legittimo sogno.
Restate una grande squadra anche senza quel triangolino di stoffa sulla maglia.
Continueremo a guardarvi con piacere e affetto vincere ancora in campionato e nelle Coppe. Nessun tifoso potrà onestamente sentirsi tradito. Vi vogliamo bene come prima e conoscere il vostro limite non ci allontana, anzi, se possibile, ancor più ci lega.
Però una cosa potreste dircela, provare a dircela, potremmo parlarne da amici, anzi da fratelli:
come mai scritta tutta in un sol giorno e tutti insieme, con la firma di tutti quella lettera di dimissioni e per di più volontarie?
Mino Fuccillo
editorialista gruppo L'Espresso